è quando arriva la stanchezza che inizia il viaggio

Ti racconto una storia,   dall'Islanda.

è quando arriva la stanchezza che inizia il viaggio


 So quello che mi aspetta, è quello che voglio. 

Con questi pensieri mi allontano con calma dalla capitale, non ho fretta di lasciarla, voglio ricordarmi bene il suo odore di smog, i suoi colorati grafiti, le urla della movida.

È la quarta volta, in dieci anni, che parto da qui ma non riesce mai a stancarmi. No, non mi piace questa città ma ci sono affezionato, è da qui che prende vita la mia immaginazione, è da qui che parte la strada con tutte le sue pagine da leggere e da scrivere. 

Sto guidando sotto un clamoroso sole verso l’unico rifugio sicuro dei miei viaggi, la strada. Un cartello arancione mi avvisa che fra non molto il fondo stradale non sarà più asfaltato, questo vuol dire che ci sarà meno traffico. A me il traffico non stanca, filtra la mia attenzione, il traffico è pericoloso, soprattutto quello frettoloso, vanno sempre di fretta questi turisti, ma quante cose devono vedere? 

Ma non si stancano mai?

Mi fermo, osservo uno splendido lago stagionale formatosi all’inizio della primavera, adesso in agosto è alla sua piena capacità, i cigni e le oche che ci stanno galleggiando fra qualche giorno emigreranno e lasceranno l’Europa. Solo in questo momento, da fermo, mi accorgo del vento, mi seguiva. Il vento può essere pericoloso.

Il traffico è assente, il cartello arancione mi raccomanda anche di fare estrema attenzione soprattutto in caso di vento e o pioggia. Il vento c’era già e quanto alla pioggia il cielo la stava promettendo.

La strada diventa sterrata, anche questo tipo di strade sono stagionali, un po’ come il lago precedente, il fondo è strano molto ciottoloso quasi instabile, le pietre che lo costituiscono sono leggerissime, porose, hanno quasi la forma della schiuma, sembrano dipinte a matita. 
Adesso ai lati della strada ci sono soltanto distese di roccia, ondulate come un mare agitato, e sopra a queste onde un tappeto di muschio dai colori autunnali. 

La pioggia lucida i sassi della strada rendendo il percorso un nastro brillante estremamente scivoloso. Il vento, forte, spinge da sinistra, riesce a spostarmi, il mio mezzo sembra prendere una propria vita decidendo lui le traiettorie, ai lati della carreggiata mi impensierisce quel fosso di un metro e mezzo di dislivello, e se finisco lì dentro?

Mi fermo, scendo e mi volto indietro, in uno sprazzo di cielo sgombro da nuvole intravedo una immensa distesa bianca che crea un capolavoro di contrasti con ciò che gli gira intorno, cerco di fotografarla ma il vento non è d’accordo.

Il vento, nei miei viaggi è sempre il vento che decide che giornata avrò.

Soltanto adesso mi accorgo che mi sono fermato su una salita, la pioggia mi fa scivolare, il vento urla che la mia giornata sarà faticosa… e finalmente ne sono contento. 
Rimonto sulla mia bicicletta, stanco, in mezzo ai campi di lava, in mezzo ai ghiacciai, con il navigatore che mi strilla: 
“strada sconosciuta, riposizionare la mappa”. 

Casa mia l’Islanda. E Reykjavik è appena a 90 km.

STE
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